
THE COMET IS COMING

A nominarli sembrano dei personaggi della Marvel: Danalogue The Conqueror, Betamax Killer e King Shabaka. I tre cavalieri portatori di una delle profezie più catastrofiche di Nostradamus: “La cometa sta arrivando… nel cielo si vedrà un fuoco che trascina una coda di scintille. La grande stella per sette giorni brucerà, la nuvola farà apparire due soli e il grande mastino per tutta la notte ululerà.”
Tranquilli, la Terra non finirà per colpa loro, ma per colpa nostra! In realtà la Cometa è già arrivata, nel 2015, con la pubblicazione dell’ep di debutto Prophecy, e con un altro intento, quello di diffondere la luce, la gioia, il fuoco e distruggere le illusioni, poiché sono i nostri salvatori! Si presentano a noi galoppando sui loro cavalli neri, mentre scosse di elettricità fuoriescono dalle loro dita e i polmoni espellono mantra musicali sismici come un terremoto, inebrianti come un rituale senza tempo e dal suono poliritmico in un’esplosione cosmica di colori e vibrazioni.
Loro e solo loro sono i The Comet Is Coming.
La leggenda narra che i tre cavalieri si siano incontrati nel 2013 mentre Danalogue e Betamax suonavano già come duo elettronico di synth e batteria dal nome Soccer96. A un certo punto hanno iniziato a notare un’alta figura oscura ai loro concerti finché un giorno questa è salita sul palco con il sassofono in mano e ha iniziato a suonare, generando un’esplosione di energia che ha sbalordito tutti. Un paio di settimane dopo King Shabaka li ha telefonati dicendo “Hey, facciamo un disco?”, così si sono incontrati e in tre giorni hanno registrato ore di musica. Da allora hanno iniziato a conquistare il pianeta prima con la nomination al Mercury Prize del 2016 con l’album Channel The Spirits e ora con la vittoria come album dell’anno ai prestigiosi Worldwide Awards 2020 di Gilles Peterson con Trust In The Lifeforce Of The Deep Mistery (2019.)
Il trio è una delle novità più interessanti della scena nu jazz degli ultimi anni, britannica e internazionale. Il cavaliere misterioso, Shabaka Hutchings, a quanto si dice musicista instancabile e incredibilmente colto, ne è diventato il leader pur facendo parte di una miriade di altri progetti tutti notevoli come Shabaka and the Ancestors, The Sons of Kemet, collaboratore della Sun Ra Arkestra, Heliocentrics e tanti altri. Definire la loro musica non è così semplice, loro stessi non amano definirsi, rispondendo puntualmente: “Quando la musica viene etichettata muore, piace solo a critici e giornalisti. Il nome jazz non è stato creato dai musicisti, ma gli è stato imposto per limitare il progresso della musica afroamericana. Quando saranno i musicisti a dare un nome alla loro arte, o a rifiutarsi di farlo, sarà una conquista per tutti”. Parlando di etichette, anche se il loro genere è stato spesso definito non jazz, ascoltandoli non si può negare che sia jazz, solamente di un tipo diverso da quello che conosciamo! Sono gli alfieri della nuova generazione jazz/r’n’b inglese, orgogliosamente meticcia e proletaria, che sta sperimentando con una certa libertà di suoni e di pensiero, inglobando passato, presente e futuro. E fino a ora non c’è mai stato un esempio più chiaro di questa tendenza di Trust In The Life Force Of The Deep Mistery. Se è vero che sono molti gli elementi jazz presenti nella loro musica, partendo dal libero pensiero del guru Sun-Ra, è anche vero che forti sono le sferzate verso il grime, l’elettronica, l’afrobeat e il rock psichedelico, in cui le chitarre sono sostituite dal sassofono.
Ma la loro ispirazione non è solo musicale, c’è qualcosa di più, temi come la fantascienza, la cosmologia, lo spazio e la creazione del mondo contribuiscono a comporre i coloratissimi collage musicali di questo trio e soprattutto di quest’ultimo disco. Spazio, futuro, distruzione, spiritualità, misticismo, istinto e potere umano sono le parole chiave di quest’album che è una suite di nove tracce da ascolto continuo. I tre cavalieri vogliono accompagnarci nel passaggio verso un mondo completamente nuovo in cui liberare la creatività dell’esplorare. I viaggi mentali attraverso spazi interdimensionali possono liberare idee sconosciute a noi stessi. Stiamo diventando tutti dei cyborg e il loro obiettivo è quello di portare gli ascoltatori allo stadio giusto, per affrontare i nuovi eventi cosmici. La fantascienza spesso anticipa la realtà! Un senso di oscurità pervade la loro musica, ma è un’oscurità salvifica e non distruttiva. Creazione e distruzione sono lo stesso processo, solo visto nel modo opposto! E tutto questo lo comunicano senza parole, servendosi abilmente dei titoli delle loro canzoni e di linee di basso potenti e costanti come frasi incise col fuoco. Si può fare una sintesi di quanto detto con soli quattro titoli.
Si manifesteranno nuove realtà, percezioni, livelli di consapevolezza e abilità di coesistenza. È un’espressione musicale forgiata nel mistero profondo. È il superamento della paura, l’abbraccio del caos e la vista periferica con cui evocare il fuoco (Summon The Fire).
Attraverso l’esperienza trascendente della musica possiamo riconnetterci con l’energia della forza vitale (Trust In The Life Force Of The Deep Mistery) nella speranza di manifestare realtà superiori in nuovi costrutti.
Perché solo la fine è il vero inizio (Because the End Is Really The Beginning).
E alla fine, il mondo si sveglierà (The Universe Wakes Up). Siamo Salvi!
Siccome è difficile accettare l’idea che l’apocalisse possa sopraggiungere da un momento all’altro, nell’attesa dei nostri cavalieri, direi di berci su qualcosa di abbastanza alcolico da distrarci almeno per quarantacinque minuti, la durata del disco! Così mi vengono in mente le straordinarie IPA a tempo dell’americana Dogfish Head: 60 Minuti, 75 Minuti, 90 Minuti e 120 Minuti del geniale birraio americano di origini siciliane Sam Calagione. Sta a noi scegliere, più aumenta il tempo, più sale la gradazione partendo da 6% vol. fino ad arrivare a ben 16,5% vol.
Le IPA, acronimo della ormai strafamosa India Pale Ale, hanno sfondato il portone delle birre artigianali, facendole conoscere a tutti anche in Italia. Le Pale Ale nascono nella zona di Burton on Trent, Inghilterra, nel Settecento, ma forse erano prodotte già nel Medioevo. Erano birre tradizionalmente ambrate e anche oggi, nonostante “pale” significhi “chiaro”, sono generalmente di colore dorato/ambrato, con toni fruttati, agrumati e di caramello. Sono delle birre abbastanza luppolate e frizzanti, ma secche, con una gradazione di circa 5% vol. Prodotte con il metodo dell’alta fermentazione, le IPA si distinguono dalle sorelle Pale Ale perché sono più alcoliche ed amare. La leggenda narra che la birra inglese destinata alle colonie non sempre era in grado di sostenere il lungo viaggio nella stiva delle navi, per renderla meglio conservabile si aggiungeva alcol e/o luppolo. Nacque così una birra più alcolica e particolarmente amara, perché, anche se non tutti i luppoli sono aromatici, tutti sono amari. Successivamente diventò così popolare tra gli inglesi che si diede vita a una vera e propria produzione su vasta scala. Oggi, con le dovute eccezioni, dato che il modo dei produttori di birra è una variegata fucina, ha perso un po’ dell’amaricante di un tempo e ne è stato smorzato il tenore alcolico che oscilla tra 5-6,5% vol. La sua rivoluzione moderna parte dagli Stati Uniti, in cui c’è stata una vera e propria rinascita di questo stile nell’ultimo ventennio, diventando un modello per le nuove birre. Il suo grande sviluppo è iniziato negli anni 80, quando i giovani birrifici della West Coast hanno trovato questo stile perfetto per esaltare gli eccellenti luppoli della zona. Così l’IPA, come la nostra Cometa, è partita alla conquista del mondo divenendo un successo produttivo. Oggi volendo fare una differenza tra le IPA inglesi e quelle americane possiamo dire che, in linea generale, le inglesi hanno un colore ramato con note leggermente caramellate e tostate, mentre le americane sono più chiare ed esaltano l’agrumato e l’erbaceo dovuto all’utilizzo di luppoli diversi da quelli della regina.
Ah dimenticavo, io ho scelto la 90 Minuti, ma solo per poter ascoltare il disco due volte!
Nunzia Morena La musica mi appassiona da sempre. È libertà, espressione, cultura, lotta, ribellione, è gioia ma anche dolore, è vita, è passione, è chimica, come l’attrazione che si prova verso una persona senza capirne il motivo. Insomma, è una delle più complete espressioni di noi. Scrivo della musica che mi piace, quella che ascolto e voglio condividere. Per ogni artista o brano, abbino sempre una birra da sorseggiare, un’altra mia grande passione.