
Pulizie di primavera

di Licia Pizzi
Le azioni.
Fare pulizia prima di ricominciare, fare prima di fare, pianificare insomma, è necessario. E prima ancora medicare. Cauterizzare. Suturare.
Io ho sempre un ma.
Ma poi decido per le scatole. Nelle quali conservare.
Scatole da non aprire mai più, tenute lì come memento mori. Simbolo, metafora, in cui lascio uno spiraglio ai dolori più antichi – che tornino ogni tanto, per vedere com’è che si stava.
E quelli ricordano il corpo che abitavano – si ricordano di me – pronti a tornare dentro di nuovo, a piazzarsi nel salotto buono, stesi sul divano e con tutte le scarpe.
Il dato.
Io dimentico le persone. Dimentico i fatti e le date. Le date soprattutto.
Mi restano solo gli oggetti, vuoti di corpi e di volti. Un quaderno, anzi due, nessuna foto. Una penna. Uno scatolo dentro uno scatolo. E un biglietto dentro un biglietto.
E quell’anima scarlatta, mista a polvere, che viene tra le mie mani.
Conclusione.
Dovrei suturare, più stretto. Cauterizzare, più a caldo. Medicare, con più cura.
Aprire questa scatola. No, non mi è convenuto.
Ma io ho sempre un ma.
Licia Pizzi vive a Napoli da vent’anni o qualcosa in più. Ha un rapporto controverso col tempo e i numeri. Legge molto. Scrive. Confida nel dubbio.