
Non dimentichiamoci di vivere

di Carmen Vicinanza
Non dimentichiamoci mai di vivere, tanto la vita scorre via lo stesso.
Quanto ci affanniamo a ricercare le cose che non abbiamo e di cui spesso non abbiamo bisogno. E pensiamo al domani, domani andrà meglio, domani si supererà questa situazione. Ci dimentichiamo del qui e dell’ora, di non trascurare ciò che abbiamo. Ci dimentichiamo di godere del presente, delle persone che ci sono, di ciò che è adesso. Diamo per scontato di avere tempo e modo per fare le cose e, intanto, tralasciamo l’attuale per ripiegarci sul passato o sgomitare per il futuro. Omettiamo di telefonare, di dire ti amo, di abbracciare, di chiedere scusa, con l’arroganza di avere tempo. Ma il tempo è un concetto astratto, non tangibile, non isolabile e fuggevole nella sua inconsistenza. C’è solo l’oggi, il presente, il domani non esiste e può anche non arrivare mai.
Eppure è inevitabile, quasi mai si ha la percezione di ciò che si sta vivendo, delle emozioni che si stanno provando o le reazioni che si stanno scatenando. La consapevolezza viene sempre dopo, nel ricordo, nella memoria di ciò che è stato. Raramente ho provato gioia nel momento stesso in cui la stavo vivendo, del dolore, invece, ci si accorge nel presente. Viviamo ancorati al possibile e al probabile facendo scappare, con incuria, il reale. Diamo poca importanza al bene, a ciò che è bello e che va coltivato, custodito, apprezzato quando c’è, non quando è svanito.
Sono in un vortice di emozioni in questi giorni e ho bisogno di attaccarmi a un pensiero felice, alle voci amiche, ai sorrisi, ai gesti intimi e alle parole che ti abbracciano.
Devo pensare alle cose belle, al bene che mi circonda, a ciò che mi restituisce vigore ed energia. Agli affetti immutabili che superano tempo, distanze, differenze. Alle amiche che si siedono sul mio divano e si raccontano, a quelle che raggiungo in piena notte perché in crisi di abbandono da fidanzato, a quelle che mi insegnano a vivere, a quelle che mi si aggrappano inermi, a quelle che sfuggono il confronto. Alla forza che, inconsapevoli, ci ritroviamo quando c’è un problema serio da affrontare. All’esempio che ho sempre avuto da mia madre, la mia roccia, con tutte le sue imperfezioni e le infinite doti. A mio padre, che mi ha insegnato l’amore sin da quando ho visto la luce. Io sono ciò da cui provengo, tutte e tutti noi, lo siamo. Devo pensare alle parole, ai sottintesi, alle carezze a distanza. Ai graffi e agli scleri di chi, troppo preso dal suo malessere non ti consente di entrare, ma c’è, è là. A chi non guarda oltre il proprio naso e a chi fa del bene per ricevere cose in cambio. A Claudia che da anni investe tutti i soldi che guadagna nell’emancipazione delle donne di un piccolo villaggio indiano. A Simona, sempre all’ascolto, che si è assunta il ruolo di compartire il dolore delle donne e dell’umanità tutta, facendolo proprio con azioni e gesti, non soltanto con insegnamenti. A Pino che va a trovare i carcerati e a parlar loro di filosofia, per non lasciarli soli. Alle mie amiche che lavorano coi migranti, a quelle che lavorano con gli psichiatrici, a Cristiana che, utopisticamente, disegna luoghi di lavoro che diano gioia a chi li abita. A Loredana che è riuscita a lasciare il marciapiede e ad aiutare, ogni giorno, le trans come lei. A Porpora che ne ha elevato a politica la questione. A Marisa che diffonde arte e vita nelle sue opere e nelle sue azioni. A Mamadou che è riuscito a scappare dalla Costa d’Avorio e sogna di diventare un giornalista in un mondo più giusto. A coloro che ogni giorno vincono l’egoismo e si aprono ai bisogni collettivi. A chi nemmeno si accorge che c’è bisogno di trascendere dall’ego. Alle tante piccole gocce nell’oceano che orbitano e stazionano nel mio cosmo e che mi fanno sentire ricca, privilegiata, piena. Alle figlie delle mie amiche che mi elevano a loro modello di riferimento, mentre, ironia della sorte, io sono notoriamente un fallimento su tutti i fronti. Alle mie sorelle che considerano importanti le mie parole, che mi chiamano se hanno bisogno e mi sono sempre accanto. A uno splendido ragazzo di 25 anni che pare venuto da un altro pianeta, che mi dice che sono bellissima travalicando la cellulite e i segni del corpo. A chi non c’è più, ma c’è sempre. A chi in queste ore sta combattendo per tornare. A chi affronta la malattia a testa alta e ironia e a chi soccombe nella disperazione. A chi pensa di sapere tutto e a chi è convinto di non aver mai saputo niente. A chi non riesce a fare a meno di prendersela con il mondo che lo circonda, a chi si lascia sopraffare, incapace di reagire. A chi affronta il dolore con garbo e a chi lo urla ai quattro venti. A tutti i piccoli eroici gesti quotidiani che facciamo per continuare ad andare avanti, a sognare, a desiderare, a vivere.
Carmen Vicinanza, ha il karma di essere nata scorpione, peggiorato dal leone. Ama leggere, scrivere, viaggiare, conoscere, contestare, criticare, chiacchierare, sedere sul divano a guardare sitcom, mangiare, odorare, gustare, restare sorpresa, lasciare le cose incomplete. Trova che nell’esistenza terrena ci sia troppo poco tempo per fare queste cose ma prova comunque a farle tutte, senza particolare fretta…