
EBO TAYLOR

Inizierò col parlarvi di Ebo Taylor, un giovanissimo e tostissimo ghanese classe 1936, chitarrista, compositore, bandleader, produttore e soprattutto leggenda dell’highlife e protagonista della scena afrobeat degli anni ’70 insieme a Fela Kuti.
L’highlife è un genere musicale nato in Ghana intorno agli anni ’20, durante il periodo della colonizzazione britannica, e combina le strutture ritmiche e melodiche tipiche della musica tradizionale ghanese con l’utilizzo di strumenti occidentali. In quegli anni i musicisti iniziarono a mescolare le influenze straniere, come calypso e foxtrot, con i ritmi e le sonorità ghanesi. Il genere, che tradotto in italiano significherebbe “bella vita”, deve il suo nome al fatto che veniva suonato in club esclusivi frequentati dall’aristocrazia locale. Così le persone comuni iniziarono a chiamare questo genere di musica “highlife” non solo perché non raggiungevano lo status delle coppie che vi entravano, ma non potevano nemmeno permettersi il biglietto d’ingresso, dovevano indossare un abito da sera e gli uomini il cappello a cilindro. A partire dagli anni ’30 l’highlife si diffuse in vari paesi dell’Africa Occidentale attraverso i lavoratori ghanesi e acquistò popolarità rapidamente. Ma fu solo quando le truppe straniere se ne andarono, tra gli anni ’50-’60, che il genere si diffuse tra la popolazione e cambiò per adattarsi ai suoi gusti. È in questo momento che entra in scena Ebo Taylor, che si unisce alla popolare Stargazers Band con cui inizia a esibirsi e a viaggiare per l’Africa Occidentale, perfezionando la sua tecnica e ridefinendo le regole dell’highlife, prima di intraprendere la carriera solista. Una musica allegra, dominata da ottoni, corni e chitarre elettriche, che si è sviluppata in afrorock e afropop per avvicinarsi maggiormente ai gusti europei e americani. Prende in prestito molto anche dal jazz e dal bebop, così come dal funk e dalla musica reggae e caraibica per definire un suo suono riconoscibile ed originale.
Ebo Taylor ha una carriera che dura da più di sessant’anni, è leader del supergruppo Apagya Show Band, solo a partire dal 2003 ha ottenuto notorietà internazionale, quando Soundway Records ha incluso le sue canzoni nella rivoluzionaria “Ghana Soundz” compilation. E nel 2010 la Strut Records ha pubblicato il suo primo album per il mercato internazionale, registrato insieme al collettivo Afrobeat Academy, “Love And Death”. Il suono di questo disco è sicuramente un po’ più generico, essendo i pezzi stati scritti apposta per questo progetto. Ci sono tracce come “African Woman”, “Victory” o “Mizin” che sono brani di uptempo aggressivi con chitarre e linee di corno incisive. Solo due sono dei vecchi pezzi: la title track è la nuova versione di una canzone del 1980 scritta con il cuore spezzato dopo che la moglie lo aveva lasciato, in cui paragona il suo bacio al bacio della morte mentre la chitarra scorre tranquilla accanto alla sua voce. L’altro è “Nga Nga”, adattamento di una vecchia filastrocca per bambini che procede con fare lento, con la chitarra che si scontra con le pesanti trombe e il serpeggiante sax.
La produzione di Ebo Taylor è potenzialmente infinita, mi sono soffermata su “Love and Death” solo per la svolta che ha rappresentato per la sua affermazione internazionale, ma non posso che consigliarli tutti a partire da “My Love And Music” (1976) con “Will You Promise” in cui l’highlife si lega allo ska e al reggae; l’omonimo “Ebo Taylor” in cui incorpora jazz, funk e afrobeat con la ben nota “Heaven”; “Twer Nyame” con la ritmata title track di oltre 16 minuti, o il nostalgico classico, perla nascosta della tradizione highlife/afrobeat ghanese “Ene Nyame Nam ‘A’ Mensuro” insieme a Pat Thomas.
Vari album sono stati ristampati negli ultimi anni, dopo il successo di “Love And Death”, la Strut Records, nel 2011, ha pubblicato un greatest hits dal titolo “Life Stories”.
Ascoltarlo è un piacere, è vitale e ritmato, ancora di più se accompagnato da una birra fresca, magari una bella “Gose”. Perché la Gose? Per due motivi. Il primo, in senso figurato, perché, essendo una birra salata e con una storia lunga e difficile, mi ha fatto pensare alle umiliazioni e alle amarezze che questi popoli hanno dovuto sopportare a causa della colonizzazione straniera, in pratica a tutto il sale che sono stati costretti a mandar giù. Il secondo è che è poco alcolica, leggermente acidula e speziata, ma dissetante, ideale per l’estate e ha la frizzantezza e la freschezza di questo giovane ottantenne. La Gose, prodotta fin dal I secolo d.C., è originaria di Goslar, in Bassa Sassonia. Tale area geografica era un centro minerario famoso per le sue cave di sale e la presenza di questo ed altri minerali nell’acqua usata per la birrificazione la rendevano salata. Il declino delle miniere portò a una migrazione dei lavoratori e anche dei mastri birrai da Gose a Lipsia, dove si diffuse nel XX secolo. Durante le due guerre mondiali, assieme ad altri edifici vennero distrutti i birrifici e il frumento, ingrediente principale della Gose che è composta per il 60% da malto di grano, venne usato per sfamare la popolazione. A partire dagli anni ’60 la Gose scomparve completamente per poi ricomparire negli anni ’80 grazie all’impegno di Lothar Goldhan, che ricominciò a produrla. La caratteristica delle Gose è data da un insolito mix di ingredienti: frumento, malto d’orzo, come per tutte le birre, coriandolo, lattobacilli e sale o, in alcuni casi, acqua di mare, opportunamente depurata
Nunzia Morena
La musica mi appassiona da sempre. Diedi il nome di Kurt al nostro cane, in memoria di Kurt Cobain scomparso nel 1994, essendo nata nel 1981, avrò avuto più o meno 14 anni. Negli anni, mi sono trovata a ascoltare di tutto e ho capito che esiste sì la musica fatta bene e quella fatta male, ma non esiste la bella o la brutta musica, non esiste un’educazione musicale, i profeti della buona novella, lasciamoli nelle loro nicchie e ascoltiamo un po’ quello che ci pare! La musica non è educazione, anzi forse proprio il contrario. È libertà, è espressione, è cultura, è lotta, è ribellione, è gioia ma anche dolore, è vita, è passione, è chimica come l’attrazione che si prova verso una persona senza capirne il motivo. Insomma, è una delle più complete espressioni di noi. Ciò di cui scriverò sarà la musica che mi piace, quella che ascolto e voglio condividere. Per ogni artista o brano, abbinerò sempre una birra da sorseggiare, un’altra mia grande passione.