
Complottismo – parte terza

Sono un uomo preistorico.
Mi aggiro in una foresta. Tra le foglie di sembra di vedere delle macchie. Un predatore? Magari un leopardo! Che faccio? Devo decidere subito, ne va della mia sopravvivenza!
Io scappo!
Alla fine, tra quelle foglie, c’erano solo ombre, ma io uomo preistorico questo non lo so, e neanche è importante. Avevo pochissimi dati a disposizione, ossia quelle macchie d’ombra che a mi sono sembrate organizzate nel possibile schema del corpo di un animale, e sulla base di quelle informazioni ha preso la mia decisione.
Il mio cervello, non avendo tutte le informazioni a disposizione mi ha costretto a scegliere, a “creare un disegno”. Esitare troppo a lungo mi sarebbe potuto costare la vita. Meglio scappare per delle ombre che morire sbranato da un leopardo! E la prossima volta farò la stessa cosa, così almeno sarò sicuro che una “prossima volta” ci sarà!
Lo psicologo israeliano Daniel Kahneman sintetizzò questo meccanismo primordiale del cervello di noi tutti nell’acronimo “WYSIATI”, “What You See Is What There Is”, ossia quello che vedi è quello che c’è.
E non c’è certo bisogno di andare in una foresta per vedere quanto spesso questo meccanismo si attivi nella nostra testa.
A chi non è capitato di decidere se una persona era simpatica o antipatica dopo 10 secondi? Quante volte abbiamo deciso se una persona era competente o deficiente dopo 10 parole scambiate?
Chiama “Sistema 1” questa nostra parte istintiva, immediata, non supportata da analisi e approfondimento e invece “Sistema 2” la nostra parte riflessiva, analitica, che accoglie tutte le informazioni possibili soppesandole quindi nel loro insieme prima di esprimere un giudizio.
Ovviamente, anche letto così, si capisce subito che attivare il “Sistema 2” richiede fatica.
Ecco, ci risiamo. È tutto un problema di economia dello sforzo.
Saltare a conclusioni non richiede alcuno sforzo. Zero. A parlare è quella che spesso viene chiamata “pancia”.
È il meccanismo che fa immediatamente pensare a così tante persone che normalmente non sarebbero considerate cattive, che leggono di un barcone per 20 persone con su 200 migranti rovesciatosi a mare nel mese di gennaio “eh a gennaio, in 200 su una barca da 20… ma non facevano meglio a starsi a casa loro” “E ma poi qua dove si mettono, che già stiamo pieni di disoccupati”?
O che alla notizia “Aggredita coppia di gay che si baciava sul lungomare” fa come primissima cosa pensare “eh ma se la sono proprio cercata, però”.
Quando parla la “pancia” parla la parte primordiale che abbiamo tutti dentro, e spesso è feroce, cerca nemici, vede minacce e sputa giudizi (siamo una specie bellicosa e parecchio violenta, meglio non dimenticarlo mai).
Quindi ci siamo; gli ingredienti cominciano a esserci tutti: come hanno dimostrato Dunning e Kruger, le persone più incompetenti sopravvalutano enormemente la loro conoscenze spingendole a ritenersi molto più preparate e in gamba dei veri esperti; l’analfabetismo funzionale, poi, impedisce a un numero elevatissimo di persone di capire veramente quello che sta leggendo o comunque di farlo in modo critico, cogliendo incongruenze e lacune che andrebbero invece colmate con ulteriori approfondimenti; per finire l’istinto, il nostro Sistema 1, tende a sistemare immediatamente quello che vediamo e leggiamo in uno schema comodo, confortevole, tendendo con quello che viene chiamato “effetto ancoraggio” a prendere decisioni affrettate sulla base delle prime informazioni di cui disponiamo e che diventeranno il parametro in base al quale valuteremo tutte le informazioni successive.
Prendiamo quindi delle informazioni su argomenti specifici che se fossimo consapevoli della nostra incompetenza nel settore tratteremmo con le pinze e che invece, proprio perché non ne sappiamo in verità praticamente niente, siamo convintissimi di aver colto perfettamente perché riusciamo, usando la parte istintiva del nostro cervello, a usarle per creare uno schema logico e perfettamente coerente e, oramai entrati in un circuito di pregiudizio (nel senso letterale di giudizio prematuro) cognitivo, diventiamo vittime del cosiddetto “bias di conferma”, una distorsione potentissima e difficilissima da sradicare.
Ma cos’è questo “bias di conferma”?
Facile. Una volta costruito il nostro schema di ragionamento, comodo e veloce, accogliamo in quel ragionamento, esclusivamente quello che va a rafforzare quello schema, un meccanismo noto come “cherry picking”, ossia la raccolta delle ciliegie, dove le “ciliegie” che “raccogli” sono solo ed esclusivamente le informazioni che corroborano la tesi che hai sposato scartando e bollando come errate e fallaci tutte le altre.
Un vero e proprio riadattamento della realtà a proprio uso e consumo, quindi, un tentativo della mente di trovare una connessione significativa tra cose casuali (un fenomeno noto come apofenia che vedremo meglio in seguito perché merita, ah se merita), che spingerà chi ne è vittima a non accorgersi mai della fallacia delle sue tesi e anzi vedrà come palesemente falsa e illogica qualsiasi tesi contraria, e tutto questo per non dovere fare l’enorme sforzo di spezzare comodi impianti di pensiero che spesso, ricordiamolo, sono estremamente consolatori perché danno l’illusione di potere intervenire in prima persona, esercitando una qualche influenza, su cose infinitamente grandi e spesso assolutamente caotiche e incontrollabili (una pandemia, ad esempio) o di potere agire in qualche modo contro figure così grandi e distanti dalle nostre medie vite da essere nei fatti più distanti della Luna (un Bill Gates, ad esempio) o contro strutture sopraindividuali che percepiscono come nemiche della loro singolarità e individualità (i famigerati “poteri forti”, in primis i vari governi).(Ovviamente il bias di conferma, a diversi gradi, coinvolge un po’ tutti; è la molla che ci fa leggere i giornali che rispecchiano i nostri ideali politici o a cancellare dai nostri contatti social chi la pensa in maniera diametralmente opposta alla nostra, perché gestirli è, appunto, faticoso, che è esattamente quello che il cosiddetto Sistema 1, la nostra parte più istintiva e immediata, cerca disperatamente di evitare).
Capire i complottisti senza fare appunto lo sforzo di capire i concetti sopra indicati sarebbe impossibile. Li liquideremmo semplicemente come dei sempliciotti (nella migliore delle ipotesi), ci sfuggirebbe la dinamica che li ha resi così numerosi e, soprattutto, ci farebbe commettere il terribile errore di sottovalutarne il crescente impatto e l’implicita pericolosità, soprattutto da quando da innocue, come il terrapiattismo, si stanno declinando nei vari no-vax, no-mask, no-covid. Lasceremmo parlare il nostro, di Sistema 1, partiremmo dall’assunto che sono dei minus habentes, inceppandoci quindi in un bias cognitivo, e leggeremmo con un sorriso e soddisfazione solo ne notizie che li sbeffeggiano, ritrovandoci nostro malgrado in un bias di conferma e ricorrendo allegramente al cherry picking.
Cercheremo invece di attivare il Sistema 2, per capire le cause di alcune teorie del complotto e chi è che, a conti fatti, che ne trae vantaggi.
Emanuele Pezone
Sono cresciuto in una famiglia dove nessuno si è mai preso troppo sul serio. Ho poco meno di cinque anni gioviani. Ho studiato e viaggiato più di quanto la mia memoria potesse permettersi. Vivo di parole e non mi dispiace.
Continuo, con mia somma sorpresa, a essere terribilmente curioso.