
Compagni

di Paola D’Agostino
Com’era bella Napoli
nell’anno zero
di questa punta di diamante
che avviluppa il sangue.
Com’era rapida la vita
quando correre
era avere un corpo urgente da toccare.
Gracile l’amore
dietro gli striscioni
di quella giovanissima rivoluzione
chiamata a incidere
nel battito dei vicoli
su scalinate rigonfie
policrome topografie ciclostilate.
Di birre verdi in bacinelle blu di ghiaccio e arachidi
ve ne ricordate anche voi,
compagni?
Di quando ci riportava a casa
la notte per geografia di umori
una panda labile
rubata all’ansia di sentirsi uomini
e donne
sotto lo stesso spicchio di stellata.
Quanti incroci eravamo, in quelle ruote,
quanti saremo, quanto siamo stati,
dove siamo ora,
compagni,
nuvole, di scuola,
quali cortili abiteremo sotto quali fulgori
sapremo addomesticare il panico
d’altrove nel ricordare
come un’anima smembrata
lucida come sole a nascere in una pozzanghera,
quell’unica anima pulsante
che arriva con l’odore della pioggia,
quella pioggia battente, tamburo abbraccio su asfalto,
che in una porzione di temporale
tutti insieme in quell’abbraccio
una voglia di partire
siamo stati.
Paola D’Agostino ha imparato a camminare intorno al 1975 e da allora non è più tornata a casa. Al momento sosta a Lisbona. Ha pubblicato certe cose, altre invece le tiene per sé. Prima o poi, suonerà la fisarmonica.